TRACCE DEL PASSATO

 

 

 

Francia Porto di Collioure 1354

La strada del porto era nebbiosa e viscida per la pioggia; le onde si abbattevano sulla battigia senza sosta.

     Il crepuscolo era ormai finito da un pezzo e sulla piccola scogliera solo una figura solitaria avvolta in un mantello di ruvida lana si er­geva a contrastare il vento impetuoso.

     Nessuno l'aveva visto arrivare e comunque la sua presenza non avrebbe rivestito grande interesse per i frequentatori della vicina taverna, l'uomo alto e severo sembrava formare un tutt'uno con le tenebre che lo circondavano e non tradiva in alcun modo i senti­menti tumultuosi che gli attanagliavano l'animo.

     Eymerich, poiché era lui lo sconosciuto, non sapeva come prendere quella notizia. Il grande inquisitore domenicano era stato tormen­tato da fantasmi molto spesso nella sua lunga carriera, ma era la prima volta che, come gli artigli di un falcone, le tracce di un lonta­no passato laceravano così intimamente le sue carni. La risposta non era nel vento ma nelle profondità del cuore dell'uomo.

 

 

St. FeIix de Caraman 1216

A St. Felix de Caraman, luogo privilegiato del catarismo, il sole clava rapidamente dietro le colline che l'autunno iniziava a coprire di tutte le gamme del ruggine. Da poco si era conclusa la riunione dei 'puri' che aveva visto la prevalenza della 'linea dura'; gli anzia­ni della comunità, in piccoli capannelli, si scambiavano commenti ed opinioni mentre la gente del luogo si avvicinava per ascoltare.

     Di tutto questo poco importava a Marie che senza dare a vedere sbirciava di sottecchi quel giovane bruno dagli occhi vibranti ed il portamento fiero. Marie era una ragazza vivace, dai lunghi capelli dorati, con un carattere forte ed appassionato che la poneva spesso in una posizione difficile rispetto alle altre ragazze del pae­se. La Languedoc era così dolce in quel periodo e la fanciulla go­deva appieno della stagione che amava; le piaceva la musica, in particolare i versi di un amico del fratello Jean che veniva da Puy en Velay e aveva un nome strano: Peire Cardenal, un uomo bril­lante e dalla lingua audace, che fino a 20 anni aveva vestito la to­naca di chierico. Peire aveva scritto un brano per lei ed ella era or­gogliosa di esserne stata l'ispiratrice:

"Ecco cos'é per una dama gran saggezza,

poter scegliere prima di prendersi un'amico

Fare conoscenza piuttosto che scoprire

Divenire donna di valore  prima di cercar di piacere...”


Quel giorno comunque non c'era Peire nel suo cuore ma questo giovanotto alto che con i suoi ideali e le sue parole le infiammava l'animo! Il giovane arringava con ardore la folla:

     “I prelati, i monaci e particolarmente gli inquisitori di eresie ci per­seguitano, ci chiamano eretici, anche se siamo buoni cristiani! Ma siamo perseguitati esattamente come Cristo ed i suoi apostoli lo erano dai Farisei!“ Mentre parlava si volse all'improvviso verso Marie che si fece tutta rossa sotto quello sguardo intenso.

     “In ogni caso dovete imparare che se riceveste la preghiera del Padre Nostro è perché dovete perdonare tutti gli uomini, anche chi ci perseguita, per il Nostro Signore Gesù Cristo che dice: se per­donate agli uomini le loro trasgressioni, il vostro Padre Celeste perdonerà le vostre.“

     Queste belle parole non sortirono i risultati che il giovane sperava, tutti sapevano che la predicazione di Do­menico, I' inviato del papa contro le sette catare, aveva preso toni molto violenti a Pamiers e che il vescovo cataro Guihlelm Teodoric aveva dovuto cedere davanti alle argomentazioni del veemente monaco spagnolo.

     Marie invece sembrava rapita dall'innegabile fascino dello straniero e decise di unirsi al gruppo.

 

 


Remi Chey

Brandelli di ricordi uscivano dal profondo della coscienza, memorie di esperienze laceranti di urla e gemiti di dolore e di catarsi. Nella notte il giovane smaniava come percorso da una febbre violenta e parlava a singhiozzi, a frasi spezzate ed interrotte, niente a che vedere con la logica ferrea e la padronanza di sè che dimostrava nei suoi discorsi diurni.

     La locanda di St. Felix, dove il giovane oratore cataro aveva trova­to alloggio, si trovava fuori città, lontana dagli sguardi indiscreti e adatta agli incontri informali degli adepti. A pochi anni dalla quarta crociata, che si era conclusa con la presa di Costantinopoli, anche tra quelle fila c'era chi si accostava per reazione alle posizioni dei 'puri' e Remi, ex studente dell'univesità di Salamanca, era uno di questi.

     La sua storia con Marie aveva il sapore di un sortilegio: dopo quel primo sguardo non si erano più lasciati e avevano deciso di condi­videre nel bene e nel male le esperienze di predicazione e consoli­damento degli ideali catari. I due giovani erano promessi ma non ancora sposi e pur vivendo insieme perseguivano fedelmente quella castità che il movimento imponeva. Il catarismo non era an cora giunto alle estreme conseguenze che lo avrebbero portato a proibire qualsiasi contatto fisico tra i 'puri' ed i due pensavano gioiosamente ad un possibile futuro insieme.


     Marie, durante gli incubi notturni del giovane, non sapeva cosa fa­re: gli teneva la mano, lo accarezzava, gli detergeva la fronte con un fazzoletto leggero, ma niente sembrava calmare Remi; il suo bel volto talvolta veniva percorso da un fremito strano e strabuz­zava gli occhi come se fosse in agonia. La mattina dopo egli non ri­cordava nulla e Marie lo supplicava di farsi prescrivere qualche erba che lo liberasse dagli incubi ma lui non ne voleva sentir parla­re. La sua fibra forte sembrava prevalere sugli abissi aperti scate­nati dalle tenebre; al canto del gallo i due giovani, dimenticate le angosce notturne, tornavano pieni di lena alle occupazioni abituali in bilico tra la passione carnale e quella religiosa.

 

 

Una donna misteriosa

La donna poteva aver detto il varo? La sua rigida morale ed i suoi principi erano sconvolti da quelle rivelazioni. L'incontro notturno era avvenuto poco prima con la complicità dell'urlo del vento, tra il sartiame e le vele ammonticchiate al sicuro dalla bufera. Un luogo strano per incontrare una donna, molto più indicato per interventi fulminei di spada o di pugnale, ma molto adatto per rivelare un se­greto, qualcosa che, soprattutto lui, non avrebbe mai voluto venire a sapere.


     Lei era arrivata a cavallo, coperta da un mantello di velluto color della notte; il suo volto, nascosto da un cappuccio orlato di pellic­cia bruna, era come una maschera chiara dagli occhi brucianti come carboni che si fissarono senza timore sull'uomo che l'atten­deva impaziente. Poche parole scambiate in fretta, alcune carte, un sigillo impresso su una pergamena ingiallita che sembrava aver travalicato i secoli e poco dopo solo lo scalpitio di cavalli al galoppo ed un tenue profumo di viole che ancora aleggiava nell'aria.

     Pochi attimi che potevano cambiare la vita di un uomo e quell'uo­mo non era un uomo qualsiasi era Nicolas Eymerich.

     Quello che gli era appena stato rivelato aveva la potenza dirom­pente di un uragano simile a quelli che da bambino aveva contem­plato impaurito ma estatico quando, in viaggio con il padre, aveva­no toccavano le coste dì S. Sebastian.

     Il grande inquisitore sapeva che era suo compito verificare la veri­dicità delle affermazioni della donna e si preparava ad una indagi­ne che avrebbe aperto uno squarcio sulla verità.


     Il Legato pontificio in attesa sulla nave non gli chiese nulla, sapeva che Eymerich non avrebbe mai soddisfatto la sua curiosità e cono­scendo il suo amico si limitò ad attendere finché egli stesso non avesse avuto voglia di confidarsi spontaneamente.

     Li aspettava una lunga notte al riparo nella quale avrebbero atte­so, con animo differente, il placarsi della tempesta. Eymerich in un dormiveglia tormentoso, si staccava con la mente dai fatti recenti e ripensava alla sua giovinezza austera, priva dei palpiti del sentimento, rallegrata soltanto da alcune amicizie im­portanti come quella del re di Castiglia, Alfonso XI, il saggio che, oltre ad avere il merito di aver bloccato ad Algeciras il flusso di in­vasori musulmani dall'Africa, aveva quello di aver raccolto le più belle 'cantigas' alla Vergine Maria in un mirabile manoscritto. "Rosas das rosas, flor das flores, senora delle senore, flor d'alegria e de piacer, senora en toller penas e dolores...

     Con questa dolce immagine verginale e consolatrice il duro uomo di chiesa in breve tempo si addormentò profondamente.

 

 

Destini incrociati

Peire non si dava pace, Jean gli aveva detto di Marie e del giovane cataro Remi: egli non riusciva a capacitarsi di quello che in cuor suo considerava come un tradimento, certo Marie non gli aveva mai promesso nulla, ma sembrava così felice quando lui, accompa­gnandosi con un liuto arabo di splendida fattura, le dedicava i suoi versi.

     Che avesse preso sul serio le parole della canzone che le aveva inviato e avesse scelto davvero un pretendente che le dava più in­telletto che amore? - Ah, quanto è amaro il destino di un poeta! - ­Pensava disperato,- se le parole di una canzone possono stravol­gere il senno di una giovinetta.

     Lo spirito di Peire incupiva sempre di più e si trasformava di giorno in giorno in odio sempre più profondo per l'abominevole setta dei catari. Il suo pensiero si fissava minaccioso su Remi Chey che da molti mesi viveva scandalosamente come uno sposo con la sua Marie.

     Da quando era entrato come segretario al servizio di Raimon VI de Toulouse, Peire si ritrovava spesso in compagnia di altri giovani talenti come Raimon de Miraval o Aimeric de Peguilhan ai quali non aveva lesinato il racconto esasperato delle sue pene d'amore. Fu in una di quelle sere uggiose, con il fuoco che scoppiettava nel ca­mino con lingue sempre più azzurre, che uno degli invitati alla mensa di Raimon gli suggerì a mezza bocca una soluzione che pa reva definitiva. Il giorno dopo il poeta, senza salutare nessuno, con l'animo gonfio di neri pensieri partiva senza scorta per una de­stinazione sconosciuta.


     La vita a St. Felix de Caraman scorreva tra mille problemi, i Catari sentivano il laccio che papa Innocenzo III aveva lanciato, stringer­si sempre di più. Strumento di quel laccio era ancora quel prete che veniva da un villaggio della Vecchia Castiglia: Domenico. In­fiammato dal fuoco di Dio egli non demordeva mai e impegnava il popolo dei 'puri' in pubblici e logoranti dibattiti, colloqui personali, trattative, predicazione e opera di persuasione, cercando di con­vertirli, mentre con un gruppo di seguaci stava maturando un ar­dito piano: dare alla predicazione forma stabile e organizzata. Re­mi, si assentava spesso e le riunioni catare si facevano sempre più segrete; segni particolari distinguevano gli adepti che temevano di avere nel proprio seno spie e traditori. Di questo clima poco sere­no l'amore dei due giovani sembrava non risentire, ma la notte era per la ragazza un vero dramma. Non sapeva più come aiutare il suo uomo; aveva cercato in tutti i modi di calmare gli spasimi del giovane che puntualmente al calar del sole piombava in un'abisso senza fine di dolore e lacerazioni. Una notte, la fanciulla, come in un sogno, al primo insorgere dei soliti sintomi cominciò senza so­sta ad abbracciare e a baciare quelle membra forti che di giorno la cingevano con passione e che ora sembravano preda dei demoni, la sua dolcezza fu tale che i singulti del giovane sembrarono pIa­carsi per riprendere più intensi, questa volta guidati dalla passione di lei. Ella non sentì più che il suo respiro affannoso e quello di Remi quando lui la prese dolcemente nel sonno e furono per la pri­ma e unica volta una cosa sola.

 

 


Incontro a Tolosa

L'incontro avvenne nella residenza del vescovo Folco che avendo sentito parlare di questo promettente musicista e poeta lo ricevet­te con cordialità.

     Peire fu molto persuasivo e raccontò una storia, a lungo meditata, di una povera ragazza traviata dalle menzogne catare che avreb­be volentieri chiesto asilo alla chiesa per rientrare pentita nel suo seno. Il vescovo non volle sapere di più ed iniziò a far stilare dal suo segretario i documenti necessari. In quel momento un servito­re annunciò un altro visitatore che il vescovo non tardò a far en­trare. Le parole che si scambiarono rivelavano l'affetto e la familia­rità tra i due.

     “Mio caro padre, è una gioia per noi ricevervi,“ Disse il vescovo. “Sono lieto che siate arrivato proprio quando una pecorella smarrita nei gorghi delle falsità catare viene riportata all'ovile da questo buon giovane!”

      ­Lo sconosciuto era un uomo alto, in abito talare, appena un pò più corpulento del normale, con una luce di intelligenza che gli brillava negli occhi. Il suo sguardo si posò su Peire che, come sottoposto ad un esame, non riusciva a sostenerne l'intensità!

     “Cosa mi dite eminenza, una pecorella catara che torna sponta­neamente all'ortodossia, non vi sembra un pò strano? Neanche io con tutti i miei sermoni e le mie prediche ho risultati così sorpren­denti, e come ci siete riuscito voi messer...?”

     “ Mi chiamo Peire Cardenal. . .” disse il poveretto soggiogato dall'at­teggiamento dell'interlocutore.

     “Ah dunque siete voi,“ disse il pre­te. “Il perfetto cantore dell'amore divino che poi si è trasformato nel cantore dell'amor profano e fustigatore della società e della chiesa!Come state dunque messer Peire, ed il vostro protettore? Con la sua corte di bravacci?”

     “Via, via, padre Domenico“ lo interruppe il vescovo Folco, “non siate così pungente con questo povero giovanotto che ha il solo torto di essere un buon cristiano.”

     “Dunque vediamo,“ Proseguì Domenico, “e dove vorreste colloca­re codesta vostra 'pecorella'? Forse nella casa di S. Maria di Prouil­le che raccoglie tutte quelle donne e fanciulle che abbandonano l'eresia e di cui benignamente il vescovo qui presente mi ha con­cesso la cura? Poiché immagino che si tratti di una fanciulla nevve­ro?“

     Domenico usava un tono sarcastico che meravigliò anche il vescovo, ma Peire assentì in silenzio mentre il suo animo era tra­passato da mille lame quando ebbe l'intuizione che il turpe propo­sito che aveva sepolto nel profondo della coscienza fosse palese per questo prete dall'aria bonacciona e dalla lingua tagliente.

     “Non sapete che sta per essere trasformata in un centro di predi­cazione?“ Continuò Domenico imperturbabile.

     L'intervento del vescovo arrivò provvidenzialmente per salvare il poeta e per comunicare al prete spagnolo un'importante decisione che coinvolgeva la vita di quellq che doveva divenire uno dei santi più importanti della storia della chiesa.

     “Domenico,“ Disse il vescovo Folco, “Potete dimenticare la casa di S. Maria di Prouille, ho intenzione di darvi un incarico molto più  adatto alle  vostre virtù ed ai vostrimeriti. Accettate vi prego di divenire predicatore nelle chiese e nei monasteri di tutta la mia dio­cesi!“ 

     La notizia fece breccia velocemente nel cuore dell'uomo che commosso baciò la mano guantata del prelato e si congedò breve­mente. Nell'uscire dalla stanza trafisse con uno sguardo intenso il disgraziato poeta già inchiodato ad una colpa ancora non com­messa.


 

 

La trama oscura

Incontrare la strega non era stato facile, pochi ancora conosceva­no le donne che praticavano 'l'antica conoscenza' e soprattutto pochi volevano averci a che fare.

     L'incontro avvenne all'imbrunire, ai bordi estremi della Normandia vicino ad un monastero che guarda da tutti i lati il mare... Un luogo che i Celti ritenevano sacro, un luogo in cui le fate catturano ancor oggi nelle loro sabbie gli inesperti e gli inetti.

     La donna era senza età, anche se si intuiva che poteva apparire molto bella, la stamberga in cui v  iveva sembrava un rifugio provvi­sorio, che non si adattava alla sua persona, avvolta in un mantello color delle foglie secche aveva l'aspetto di una regina. Quello che più risaltava in lei erano gli occhi vibranti, scuri come carboni e bru­cianti di un fuoco gelido che sfiorarono appena Peire pervaso dall'inquietudine.

Sembrava lo stesse aspettando e la macchina che gli consegnò non somigliava neanche un pò alla pozione che egli si aspettava, non era difficile da usare anche se tutta la sua struttura gli risulta­va anomala, aliena. Quando fosse stato il momento era sicuro che avrebbe saputo farla funzionare.

       Non è un delitto, si consolava il disgraziato, non è un delitto, ma solo una...Trasmigrazione, come aveva detto la strega.

 

     Marie era in uno stato di grazia e non riusciva a capacitarsi che Remi non se ne accorgesse, una sola notte d'amore aveva cam­biato la fanciulla nel corpo e nello spirito! Il suo compagno conti­nuava la solita vita di impegno e di lotta che negli ultimi tempi si era fatta dura e sanguinosa. Non si accorgeva che le curve dei fianchi, i seni della ragazza, si facevano di giorno in giorno più ton­di e più sodi.

     La vita che cresceva in lei era motivo di gioia e voleva trovare il momento giusto per comunicarlo all'amato, ignaro della loro notte d'amore, senza ferire i suoi sentimenti.

     Alcuni mesi la separavano dalla Pasqua del 1220 il momento in cui il bimbo sarebbe venuto al mondo e la ragazza, orfana di madre, sentiva il bisogno di un conforto femminile; pensò quindi di andare a trovare una zia che viveva dalle parti di Tolosa. Senza por tempo in mezzo comunicò a Remi la sua decisione di visitare la parente. Si trattava di un lungo viaggio, ma la sua giovinezza non le faceva temere nulla e si preparò lieta per la partenza: pochi bauli, qual­che mulo ed alcuni servitori sembrarono più che sufficienti. Cosa aveva da temere Marie che non aveva mai fatto male a nessuno? Si diceva Remi, ma il suo animo non era tranquillo e non avrebbe voluto lasciarla partire ma le moine della ragazza ed i suoi vezzi gli fecero dimenticare le sue paure.

     L'addio tra i due promessi fu tenero e appassionato; Marie tentò più volte di rivelare all'amato il suo segreto ma l'occasione sem­brava sempre non essere propizia e la fanciulla decise di rimanda­re ancora.

     Pochi passi la separavano dal compiersi del suo destino.

 

La riunione era durata più a lungo del previsto ed il giovane era uscito per ultimo dalla sala; le ombre lunghe della sera si allunga­vano sulle colline e pochi si attardavano per un ultimo commento. Nessuno notò Peire mentre si avvicinava a Remi con fare cordiale e accompagnato da Jean, il fratello di Marie, che non aveva mai visto di buon occhio la relazione tra i due giovani. “Allora, non ti sei an­cora stancato di codeste tue noiose riunioni?“ Esordì Peire “Per­ché non si fa una gara di versi? Io parlerò d'amore e tu di religio­ne!“ I due giovani si erano scambiati fino ad allora solo poche fredde parole e questo improvviso mutamento di tono stupì Remi che comunque non considerava Peire un vero rivale.

     “Perché no, un pò di svago non farà male!“ Disse Remi, che senti­va molto la mancanza della sua amata dalla quale non aveva avu­to messaggi recenti.

     “Tutti alla 'Sorgente delle Fate' allora!“ Pro­pose Jean e fu il primo a salire a cavallo imitato dagli altri due gio­vani.

     La 'Sorgente delle Fate' era un luogo d'incontri e di riunioni festose nei giorni d'estate ma in quello scorcio di febbraio piovoso e fred­do, si presentava come un sito lugubre e marcescente.

     Senza presagi di sventura Remi raggiunse per primo la radura e nell'attendere gli altri iniziò a cantare” "Rosa d'amore, la mia Marie è lontana, se non la vedo presto alla fontana, rosa di spine, la mia fede sarà una cosa vana!"­

     La nebbia saliva pian piano e Remi, non si accorse che i due com­pari si avvicinavano silenziosi. Un colpo di randello ben assestato fece svenire repentinamente il giovane.

     In pochi istanti i due cominciarono ad armeggiare con lo strano og­getto ottenuto dalla strega, la macchina doveva essere collocata sul capo dello sventurato che sembrava avere la testa della Medu­sa, tanto la calotta era irta di cavi che la coprivano come serpenti; il suo aspetto sconvolgeva anche Peire che, stringendo i denti ed aiutato da Jean stava mettendo in atto il suo abominevole piano. Aiutato da pochi fidi il poeta aveva già teso un agguato a Marie durante il viaggio di rientro dalla casa della zia. Le aveva dato ad intendere che, durante la sua assenza, Remi si era ben presto consolato tra le braccia di una consorella e la fanciulla, ormai pros­sima al parto, si era sentita tradita ed ingannata. Non dubitava af­fatto delle parole di Peire avvalorate da una lettera vergata da suo fratello che le confermava la vicenda.

     A S. Maria de Prouille, sotto lo sguardo severo della badessa e delle rigide monache ella pregava e piangeva insieme a molte altre sventurate che avevano rinnegato il catarismo e subivano una reintegrazione nell'ortodossia che talvolta aveva risvolti assai duri.


     Peire e Jean contemplavano sconvolti dall'orrore il risultato della loro cospirazione. Le scintille danzavano sulla testa del giovane Remi e la radura era illuminata da lampi multicolori, i due complici non si aspettavano una così terribile esperienza, in fondo Peire aveva solo chiesto alla strega qualcosa che allontanasse i due amanti... definitivamente, ma cosa sarebbe accaduto ora, quali meccanismi del fato si erano messi in atto?

 

 

Rivelazione

La nave era ancora ancorata a Collioure presso Perpignan, un enorme castello dei templari dominava il piccolo porticciolo natura­le. Nell'aria frizzante dell'alba due cavalli scattanti attendevano l'inquisitore ed il legato papale che in poco più di due giorni rag­giunsero Tolosa ed il monastero di S. Maria de Prouille.

     La badessa fu molto gentile e permise ai due uomini di consultare gli archivi e fare una collazione tra i loro documenti e quelli che ap­partenevano ad un secolo prima: tra essi, oltre ad alcuni fogli pol­verosi e una pergamena con un sigillo vescovile, gli sembrò di rico­noscere una carta con la firma di San Domenico... Per lunghe ore i due studiarono e confrontarono tutti i testi. Niente poteva scon­volgere più Nicolas che vedere confermati i suoi timori: si, Marie Delore aveva dato alla luce un bambino, ed il padre era un certo... Remi Chey. “Un cataro della più bell'acqua!” disse la badessa. Al­cune cronache riportavano che il giovane era letteralmente scom­parso in un bosco dopo una riunione della sua setta e nonostante le molte ricerche, nessuno l'aveva mai più rivisto. “Vedete padre, sono cose che accadono ai figli del demonio!“ Continuò la buona donna segnandosi con aria virtuosa.

     Eymerich non la ascoltava più, guardava la data della scomparsa del giovane: il 20 Febbraio del 1220, un giorno che per lui aveva un senso preciso: esattamente cento anni prima del giorno della sua nascita.

     Cosa voleva dire tutto questo? Quali erano i nessi che lo legavano ad un passato così lontano? Riflettè il domenicano. La donna dal profumo dì viole e dagli occhi di carbone in un sussurro lieve gli aveva detto: “Nicolas Eymerich tu hai un figlio e sei stato un cata­ro, queste sono le carte che ti cpndurranno sulla via della luce!'

     Poche righe scarne narravano i fatti successivi, Marie, poco dopo la nascita, aveva battezzato il bambino, il nome che gli aveva dato era Reychiem.

     La mente dell'inquisitore era un turbinio di ipotesi ma le rifiutava, non voleva pensare a quanto accaduto ed alle molteplici domande che potevano non avere facile risposta.

     All'uscita dal monastero la pioggia cominciava già a scorrere in ri­voli violenti, Nicolas lanciò il suo cavallo in una corsa sfrenata, che non poteva avere che una logica conclusione: un ramo invisibile, la strada ormai oscura e scivolosa, contribuirono a far ruzzolare Ey­merich tra le radici contorte, lasciandolo semisvenuto. L'amico, non senza sforzo, lo trascinò al riparo. Si accorsero di trovarsi presso una grotta da cui usciva del fumo, una presenza oscura e nel con­tempo luminosa la pervadeva tutta. Si sentiva nell'aria umida un acuto profumo di violette. Due occhi di carbone lucido si fissarono su di loro mentre il profumo si faceva sempre più intenso. I due fu­rono presi da uno strano languore e Nicolas non seppe più se so­gnava o era sveglio, se era se stesso o qualcun altro di cui perce­piva pensieri, frasi, gioie e tormenti.

     Le luci e i colori, i suoni e i canti, le guerre e l'amore di un secolo di storia vorticavano intorno e dentro di lui! Mille universi sembrava­no fondersi in un solo uomo e per lunghe ore scorsero come un fiume nel suo animo.


     Sentì la donna cantare e chiamare: “Eymerich, Remi Chey, Rey­chiem, venite a me e saremo UNO saremo la triade primigenia pa­drona dell'universo…“

     Dopo molte ore si svegliò e sopraffatto dall'orrore si rese conto che le tre persone ed i tre nomi erano uno solo, che lui, Remi e il bambino erano la stessa persona, in un misterioso anagramma magico dalle poliedriche sfaccettature.

     Capì che il tempo e lo spazio non avrebbero per ora svelato que­sto mistero.

     Ebbe per alcuni istanti la Conoscenza e seppe che lui era stato Ca­taro, amante, padre ed Inquisitore e che tutte queste cose pote­vano mirabilmente convivere.

     Dopo molti e molti anni di tormenti e cupe angosce finalmente nel suo cuore stava scendendo, come una colomba, una grande, una grandissima pace.